martedì 20 settembre 2016

Morandi e il lavoro domenicale


Domenica scorsa, Gianni Morandi ha postato su facebook una foto davanti al supermercato Conad (pubblicità occulta?) in cui diceva di aver aiutato la moglie Anna, a fare la spesa.
I numerosi followers, che lo apprezzano non solo per le sue doti canore, ma proprio per la sua pagina ufficiale, ricca di bei episodi personali, sono insorti. Proprio lui, il paladino della vita bucolica, il Gianni nazionale che ci parla della sua passione per la corsa e della vita familiare con la moglie, si permette di andare a fare la spesa la domenica! Senza nessun riguardo poi, per i lavoratori del commercio costretti a vedere le sue manone che agguantano cibo salutare, anche il settimo giorno!

credits: http://ciociariareport24.it/


Personalmente ho smesso di spiegare alla gente perchè non sia necessario andare a fare la spesa di domenica, ma vi confesso che godo nel vedere che questo problema è stato sollevato da altri utenti facebook. Molti altri considerano questi commentatori, degli ipocriti: quanti di loro infatti, sgridano il Gianni nazionale, per poi fare esattamente come lui? Certo, bisognerebbe spiarli 24 su 24, questi followers indignati, ma sicuramente sia voi che io, abbiamo di meglio da fare.
Tuttavia una riflessione me l'hanno fatta fare: quante volte nei social, nei vari gruppi e post contrari alle aperture domenicali dei negozi, ho letto minchiate? Troppe, a mio avviso.

Oggi non voglio tediarvi con le mie motivazioni, perchè l'ho fatto in passato, sia dal vivo che sui social. Ma un paio di sassolini dalla scarpa me li voglio comunque togliere.
Per prima cosa: ognuno fa quello che gli pare in merito. Ovvero: puoi benissimo organizzarti come Gianni, che tra orto cultura e raccolta di pokemon ne avrebbe di tempo libero, in settimana ma ti riduce a fare la spesa di domenica? Amen. Ma c'è un limite però anche a quello che si può sostenere con convinzione cieca, sul lavoro domenicale nel settore commercio.

Mi sono spesso sentita dire che se a noi commessi, non garba di andare in negozio il settimo giorno, è meglio che lasciamo lavorare chi veramente ne ha bisogno, -"con tutta la gente che c'è a casa in questo momento, con questa crisi. Beati voi che un lavoro ce l'avete e che grazie a chi arriva in negozio di domenica, avrete uno stipendio a fine mese"-.  Una volta mi innervosivo, ora rido, perchè è chiaro che non ci siamo proprio: con il decreto Salvaitalia, convertito poi in legge, gli intenti erano sì, quelli di aumentare i consumi e di far assumere personale. Ma questo palesemente, non è avvenuto, in nessuno dei casi, a parte sporadiche assunzioni per i week-end, spesso di studenti. Risultato? Chi era disoccupato e cercava lavoro full-time, è rimasto a bocca asciutta, mentre gli introiti dei negozi si sono "spalmati" durante il fine settimana, perchè chi poteva venire in negozio solo il sabato o la sera, dopo il lavoro, ora può farlo in tranquillità pure la domenica, quindi non si organizza più come prima, ma spende in egual modo. E' chiaro che si poteva agire diversamente: perchè non tentare di ridurre i costi del personale, che sono tutt'ora molto alti, per i datori di lavoro? Invece si è pensato a questo bel decreto, e in seguito, con il governo Renzi, alla modifica dell'. art.18.
 Detto questo, vi assicuro che il mio posto di lavoro me lo sono guadagnato, impegnandomi: potevo essere lasciata a casa nel periodo di prova e dopo l'ultimo anno di apprendistato, quindi non è che sono fortunata ad avere un'occupazione, sono stata brava semmai a tenermela stretta. Come ho fatto? Con impegno e dedizione. E vi assicuro che venivo pagata regolarmente anche quando il negozio era chiuso di domenica: quindi no, il mio stipendio non dipende solo da quello.

Tornando al lavoro domenicale inoltre, il secondo sassolino che mi voglio togliere è quello riguardante la liberalizzazione di orari e giorni. C'è chi infatti dice che andremo incontro a questo modello, come in Usa, dove i negozi sono aperti 24 ore su 24, sette giorni su sette, e -"che cavolo ti lamenti? Non siamo mica negli anni '70". Certo cari amici, avete ragione, tuttavia permettetemi di dirvi che potrebbe capitare a voi. Basta che si decida di applicare un ciclo continuo nella fabbrica dove lavorate. Basta che il vostro diretto concorrente, decida di tenere aperto il settimo giorno. E' tutta una questione di libero mercato, di concorrenza, di comodità per il cliente. Poi magari un giorno toccherà anche agli uffici pubblici. E' solo questione di tempo, forse.

Infine molti dicono: ma i teatri, i ristoranti, i bar? Quelli non sono servizi di prima necessità, eppure nessuno è mosso da pietà per i poveri baristi, camerieri, per le maschere, per chi strappa i biglietti...Scusate, ma quello è un altro discorso a mio avviso.  Da sempre la gente, nel fine settimana si aggrega in luoghi che di svago. Il negozio è uno di essi? Personalmente, ho lavorato per molti anni nei servizi della ristorazione: non mi sono mai lamentata degli orari e dei giorni in cui io dovevo timbrare il cartellino, perchè sapevo a quello che andavo incontro, e soprattutto perchè proprio nel fine settimana, ci sono i maggiori guadagni. Cosa che vi assicuro, non avviene nel settore del commercio, che ha cambiato faccia, in peggio, con il decreto Salvaitalia.


venerdì 2 settembre 2016

Fertilityday: l'epic fail è servito


Prima di tutto, una dovuta premessa: noi donne sentiamo la pressione dell'orologio biologico, da molto prima che una campagna social del governo, attraversi la nostra timeline di facebook. Pensate a tutte quelle volte, che una ragazza si sposa: le si augurano figli maschi. A lei e al marito. E nei mesi seguenti, le si chiede se stanno tentando di procreare. Senza contare la sensibilità della donna e della coppia, ignorando il fatto che potrebbero non volere bambini ( nell'immediato futuro, almeno) o che al contrario, questi pargoletti non arrivino. Non si fa che aggiungere frustrazioni ad una situazione già di per se complicata, perchè diciamocelo: decidere di mettere al mondo un figlio è un misto tra coraggio ed incoscienza. Nessuno sa come andranno le cose: il lavoro (per chi ce l'ha) potrebbe andare perso, il bambino potrebbe non stare bene, il matrimonio potrebbe naufragare. E nessuno è pronto, almeno al primo figlio, alle notti insonni e/o alle coliche che fanno strillare l'infante così tanto, da desiderare di non avere l'udito. Per non parlare del fatto che nonostante tutto l'impegno messo nell'educare un bambino, questo potrebbe disconoscerci da adulto.

Inoltre diciamolo: l'Italia non è un paese i cui è facile diventare madri, e poi genitori. Le agevolazioni a livello economico, sono accessibili solo alle famiglie con basso reddito. Giustissimo aiutare chi è in difficoltà, ma a tutti gli altri? L'asilo è costoso, e il part-time per le mamme è pressochè qualcosa di mistico. Per non parlare dell'odiosa domanda ai colloqui, dove  viene chiesto tutt'ora a molte donne, senza troppi giri di parole, la situazione sentimentale e il desiderio o meno di metter su famiglia.
Capisco tuttavia, il punto di vista di un'imprenditore, che paga una persona che gli verrà a mancare per circa un anno. Dovrà assumerne un'altra, farle un adeguato training, pagando sempre i contributi senza alcun sgravo fiscale da parte del governo.

Ed è inoltre difficile per me, non ripetere quello che è già stato detto riguardo il Fertilityday, e l'epic fail della campagna social riproposta più volte su facebook e twitter. Delle immagini una più offensiva e ridicola dell'altra, che colpevolizzano qualsiasi categoria alla quale si rivolgono. Si va dalla gestante con una clessidra in mano, che ci invita a muoversi a fare figli. Poi si invitano i giovani a metter su famiglia, dicendo loro di essere creativi, e infine si allude all'infertilità maschile, citando la buccia di banana. Così, forse perchè il frutto dell'amor ha una forma fallica.

credits: www.nextquotidiano.it


Ora mi chiedo: non può essere solo colpa del premier Renzi, che dice di non saperne nulla, o del ministro Lorenzin, che difende a spada tratta una campagna social risibile. L'unica spiegazione è che questi due si circondino di yes man, che non gli dicano quando stanno per far uscire per tutto l'internet, una cavolata tremenda. Badate bene: noi siamo in un paese con una percentuale altissima di disoccupazione femminile e giovanile. Nel primo caso, si "aiutano" le donne con il figlio piccolo (meno di un anno), dando loro modo di chiedere l'assegno di  disoccupazione per una breve durata, anche se esse stesse si licenziano. Questo può aiutare le lavoratrici che non vengono pagate, magari con datori di lavoro in difficoltà, certo. Ma tutte le altre? Creare servizi quali asili nido che non costino una follia, o non rendere il part time un miraggio, aiuterebbe molto di più. Per quanto riguarda il discorso giovani: con cosa manterrebbero il frutto del loro amore, se non lavorano? Ma in che mondo vivono la Lorenzin e i suoi?

Ancora più triste la questione infertilità, o sterilità femminile e maschile. Come si fa a colpevolizzare così tanto, una condizione già di per se, tutt'altro che semplice? Perchè non rendere meno difficile il percorso per l'adozione, che resta un "lusso" per pochi?

Infine, un mio pensiero personale. Ho incontrato mio marito a trent'anni, e prima di lui, pensavo all'avere figli, come una cosa stratta e ben lontana da me. Ora il nostro percorso insieme, prevede anche quello di creare una famiglia, ma confesso che non è mai stato il mio obbiettivo di vita. Prima di tutto, a vent'anni non avevo una relazione consolidata, e non credo sarebbe stato un buon affare, uscire qualche mese con un coetaneo, e decidere di fare un figlio. Perchè io non ero pronta, non eravamo compatibili e sarebbe stato un errore, soprattutto per il bambino. Ed è per questo che ho aspettato. Inoltre le donne che per scelta decidono di non avere figli, o che sono sterili, non sono meno donne di chi, ha una famiglia numerosa.

Il Fertilityday, può essere nato con le migliori intenzioni, ma la campagna social è un'epic fail mostruoso, come dicevo all'inizio. Offende la dignità delle donne, trattate come fattrici. Offende le famiglie con figli disabili, perchè la "fertilità è un bene comune", può voler dire che noi si figlia per la società. Se un bambino nasce con delle difficoltà quindi, è un peso per la collettività?
Offende gli uomini: trattati come impollinatori, e da buttare come bucce di banane, nel caso siano sterili. Colpevolizza i giovani: non bastava Padoa Schioppa e il suo "bamboccioni". Ora viene detto loro di essere creativi e di figliare, anche se non sono riusciti a lasciare loro stessi il nido, per motivi economici.

Ho letto che tutt' Italia si è indignata per questa campagna social, e se fossi complottista direi qusi che la Lorenzini è una pronipote di Garibaldi. Che ne dite?