martedì 20 settembre 2016

Morandi e il lavoro domenicale


Domenica scorsa, Gianni Morandi ha postato su facebook una foto davanti al supermercato Conad (pubblicità occulta?) in cui diceva di aver aiutato la moglie Anna, a fare la spesa.
I numerosi followers, che lo apprezzano non solo per le sue doti canore, ma proprio per la sua pagina ufficiale, ricca di bei episodi personali, sono insorti. Proprio lui, il paladino della vita bucolica, il Gianni nazionale che ci parla della sua passione per la corsa e della vita familiare con la moglie, si permette di andare a fare la spesa la domenica! Senza nessun riguardo poi, per i lavoratori del commercio costretti a vedere le sue manone che agguantano cibo salutare, anche il settimo giorno!

credits: http://ciociariareport24.it/


Personalmente ho smesso di spiegare alla gente perchè non sia necessario andare a fare la spesa di domenica, ma vi confesso che godo nel vedere che questo problema è stato sollevato da altri utenti facebook. Molti altri considerano questi commentatori, degli ipocriti: quanti di loro infatti, sgridano il Gianni nazionale, per poi fare esattamente come lui? Certo, bisognerebbe spiarli 24 su 24, questi followers indignati, ma sicuramente sia voi che io, abbiamo di meglio da fare.
Tuttavia una riflessione me l'hanno fatta fare: quante volte nei social, nei vari gruppi e post contrari alle aperture domenicali dei negozi, ho letto minchiate? Troppe, a mio avviso.

Oggi non voglio tediarvi con le mie motivazioni, perchè l'ho fatto in passato, sia dal vivo che sui social. Ma un paio di sassolini dalla scarpa me li voglio comunque togliere.
Per prima cosa: ognuno fa quello che gli pare in merito. Ovvero: puoi benissimo organizzarti come Gianni, che tra orto cultura e raccolta di pokemon ne avrebbe di tempo libero, in settimana ma ti riduce a fare la spesa di domenica? Amen. Ma c'è un limite però anche a quello che si può sostenere con convinzione cieca, sul lavoro domenicale nel settore commercio.

Mi sono spesso sentita dire che se a noi commessi, non garba di andare in negozio il settimo giorno, è meglio che lasciamo lavorare chi veramente ne ha bisogno, -"con tutta la gente che c'è a casa in questo momento, con questa crisi. Beati voi che un lavoro ce l'avete e che grazie a chi arriva in negozio di domenica, avrete uno stipendio a fine mese"-.  Una volta mi innervosivo, ora rido, perchè è chiaro che non ci siamo proprio: con il decreto Salvaitalia, convertito poi in legge, gli intenti erano sì, quelli di aumentare i consumi e di far assumere personale. Ma questo palesemente, non è avvenuto, in nessuno dei casi, a parte sporadiche assunzioni per i week-end, spesso di studenti. Risultato? Chi era disoccupato e cercava lavoro full-time, è rimasto a bocca asciutta, mentre gli introiti dei negozi si sono "spalmati" durante il fine settimana, perchè chi poteva venire in negozio solo il sabato o la sera, dopo il lavoro, ora può farlo in tranquillità pure la domenica, quindi non si organizza più come prima, ma spende in egual modo. E' chiaro che si poteva agire diversamente: perchè non tentare di ridurre i costi del personale, che sono tutt'ora molto alti, per i datori di lavoro? Invece si è pensato a questo bel decreto, e in seguito, con il governo Renzi, alla modifica dell'. art.18.
 Detto questo, vi assicuro che il mio posto di lavoro me lo sono guadagnato, impegnandomi: potevo essere lasciata a casa nel periodo di prova e dopo l'ultimo anno di apprendistato, quindi non è che sono fortunata ad avere un'occupazione, sono stata brava semmai a tenermela stretta. Come ho fatto? Con impegno e dedizione. E vi assicuro che venivo pagata regolarmente anche quando il negozio era chiuso di domenica: quindi no, il mio stipendio non dipende solo da quello.

Tornando al lavoro domenicale inoltre, il secondo sassolino che mi voglio togliere è quello riguardante la liberalizzazione di orari e giorni. C'è chi infatti dice che andremo incontro a questo modello, come in Usa, dove i negozi sono aperti 24 ore su 24, sette giorni su sette, e -"che cavolo ti lamenti? Non siamo mica negli anni '70". Certo cari amici, avete ragione, tuttavia permettetemi di dirvi che potrebbe capitare a voi. Basta che si decida di applicare un ciclo continuo nella fabbrica dove lavorate. Basta che il vostro diretto concorrente, decida di tenere aperto il settimo giorno. E' tutta una questione di libero mercato, di concorrenza, di comodità per il cliente. Poi magari un giorno toccherà anche agli uffici pubblici. E' solo questione di tempo, forse.

Infine molti dicono: ma i teatri, i ristoranti, i bar? Quelli non sono servizi di prima necessità, eppure nessuno è mosso da pietà per i poveri baristi, camerieri, per le maschere, per chi strappa i biglietti...Scusate, ma quello è un altro discorso a mio avviso.  Da sempre la gente, nel fine settimana si aggrega in luoghi che di svago. Il negozio è uno di essi? Personalmente, ho lavorato per molti anni nei servizi della ristorazione: non mi sono mai lamentata degli orari e dei giorni in cui io dovevo timbrare il cartellino, perchè sapevo a quello che andavo incontro, e soprattutto perchè proprio nel fine settimana, ci sono i maggiori guadagni. Cosa che vi assicuro, non avviene nel settore del commercio, che ha cambiato faccia, in peggio, con il decreto Salvaitalia.


venerdì 2 settembre 2016

Fertilityday: l'epic fail è servito


Prima di tutto, una dovuta premessa: noi donne sentiamo la pressione dell'orologio biologico, da molto prima che una campagna social del governo, attraversi la nostra timeline di facebook. Pensate a tutte quelle volte, che una ragazza si sposa: le si augurano figli maschi. A lei e al marito. E nei mesi seguenti, le si chiede se stanno tentando di procreare. Senza contare la sensibilità della donna e della coppia, ignorando il fatto che potrebbero non volere bambini ( nell'immediato futuro, almeno) o che al contrario, questi pargoletti non arrivino. Non si fa che aggiungere frustrazioni ad una situazione già di per se complicata, perchè diciamocelo: decidere di mettere al mondo un figlio è un misto tra coraggio ed incoscienza. Nessuno sa come andranno le cose: il lavoro (per chi ce l'ha) potrebbe andare perso, il bambino potrebbe non stare bene, il matrimonio potrebbe naufragare. E nessuno è pronto, almeno al primo figlio, alle notti insonni e/o alle coliche che fanno strillare l'infante così tanto, da desiderare di non avere l'udito. Per non parlare del fatto che nonostante tutto l'impegno messo nell'educare un bambino, questo potrebbe disconoscerci da adulto.

Inoltre diciamolo: l'Italia non è un paese i cui è facile diventare madri, e poi genitori. Le agevolazioni a livello economico, sono accessibili solo alle famiglie con basso reddito. Giustissimo aiutare chi è in difficoltà, ma a tutti gli altri? L'asilo è costoso, e il part-time per le mamme è pressochè qualcosa di mistico. Per non parlare dell'odiosa domanda ai colloqui, dove  viene chiesto tutt'ora a molte donne, senza troppi giri di parole, la situazione sentimentale e il desiderio o meno di metter su famiglia.
Capisco tuttavia, il punto di vista di un'imprenditore, che paga una persona che gli verrà a mancare per circa un anno. Dovrà assumerne un'altra, farle un adeguato training, pagando sempre i contributi senza alcun sgravo fiscale da parte del governo.

Ed è inoltre difficile per me, non ripetere quello che è già stato detto riguardo il Fertilityday, e l'epic fail della campagna social riproposta più volte su facebook e twitter. Delle immagini una più offensiva e ridicola dell'altra, che colpevolizzano qualsiasi categoria alla quale si rivolgono. Si va dalla gestante con una clessidra in mano, che ci invita a muoversi a fare figli. Poi si invitano i giovani a metter su famiglia, dicendo loro di essere creativi, e infine si allude all'infertilità maschile, citando la buccia di banana. Così, forse perchè il frutto dell'amor ha una forma fallica.

credits: www.nextquotidiano.it


Ora mi chiedo: non può essere solo colpa del premier Renzi, che dice di non saperne nulla, o del ministro Lorenzin, che difende a spada tratta una campagna social risibile. L'unica spiegazione è che questi due si circondino di yes man, che non gli dicano quando stanno per far uscire per tutto l'internet, una cavolata tremenda. Badate bene: noi siamo in un paese con una percentuale altissima di disoccupazione femminile e giovanile. Nel primo caso, si "aiutano" le donne con il figlio piccolo (meno di un anno), dando loro modo di chiedere l'assegno di  disoccupazione per una breve durata, anche se esse stesse si licenziano. Questo può aiutare le lavoratrici che non vengono pagate, magari con datori di lavoro in difficoltà, certo. Ma tutte le altre? Creare servizi quali asili nido che non costino una follia, o non rendere il part time un miraggio, aiuterebbe molto di più. Per quanto riguarda il discorso giovani: con cosa manterrebbero il frutto del loro amore, se non lavorano? Ma in che mondo vivono la Lorenzin e i suoi?

Ancora più triste la questione infertilità, o sterilità femminile e maschile. Come si fa a colpevolizzare così tanto, una condizione già di per se, tutt'altro che semplice? Perchè non rendere meno difficile il percorso per l'adozione, che resta un "lusso" per pochi?

Infine, un mio pensiero personale. Ho incontrato mio marito a trent'anni, e prima di lui, pensavo all'avere figli, come una cosa stratta e ben lontana da me. Ora il nostro percorso insieme, prevede anche quello di creare una famiglia, ma confesso che non è mai stato il mio obbiettivo di vita. Prima di tutto, a vent'anni non avevo una relazione consolidata, e non credo sarebbe stato un buon affare, uscire qualche mese con un coetaneo, e decidere di fare un figlio. Perchè io non ero pronta, non eravamo compatibili e sarebbe stato un errore, soprattutto per il bambino. Ed è per questo che ho aspettato. Inoltre le donne che per scelta decidono di non avere figli, o che sono sterili, non sono meno donne di chi, ha una famiglia numerosa.

Il Fertilityday, può essere nato con le migliori intenzioni, ma la campagna social è un'epic fail mostruoso, come dicevo all'inizio. Offende la dignità delle donne, trattate come fattrici. Offende le famiglie con figli disabili, perchè la "fertilità è un bene comune", può voler dire che noi si figlia per la società. Se un bambino nasce con delle difficoltà quindi, è un peso per la collettività?
Offende gli uomini: trattati come impollinatori, e da buttare come bucce di banane, nel caso siano sterili. Colpevolizza i giovani: non bastava Padoa Schioppa e il suo "bamboccioni". Ora viene detto loro di essere creativi e di figliare, anche se non sono riusciti a lasciare loro stessi il nido, per motivi economici.

Ho letto che tutt' Italia si è indignata per questa campagna social, e se fossi complottista direi qusi che la Lorenzini è una pronipote di Garibaldi. Che ne dite?

martedì 26 luglio 2016

Questione di body shaming


Sono passati mesi dal mio ultimo post, tanto che sto pensando seriamente di togliere dalle info la frase in cui scrivo che il blog verrà aggiornato settimanalmente. Insomma, almeno per le prossime di settimane questo non avverrà, poi vediamo: non sono nella posizione di promettere nulla.
Cosa è successo in questo periodo? Beh per prima cosa mi sono sposata, sono stata in Giappone in viaggio di nozze, e poi in Puglia per le meritate ferie (sì, sono sempre in giro). Il matrimonio è stato il più bel giorno della mia vita: non potevo volere di più e ne avrò sempre un ricordo splendido. La luna di miele è stata divertente e avventurosa, e ho scoperto un paese bellissimo.

Oggi però volevo parlare di altro, perchè intanto il mondo ha continuato a girare, senza aspettare che fossi io a raccontarlo. Sappiamo che sono tempi difficili e quasi ho paura ad ascoltare il notiziario alla radio, tanto che le news di attentati sono ormai all'ordine del giorno. Sono cose a cui non mi abituerò mai, e temo fortemente quel giorno in cui la gente, non viaggerà più così spesso, per paura di rimetterci le penne. Tuttavia, in questo post parlerò d'altro: c'è una cosa che mi ha spinto a scrivere, e non sarà forse di vitale importanza, ma per me è importante.

Circa una settimana fa, IOdonna.it , ovvero la versione digitale dell'inserto del corriere della sera, dedicato a noi femmine, ha pubblicato questa foto, con relativa mortificante didascalia

credits: www.giornalettismo.com


E' evidente che sia una trollata pazzesca: se una diciottenne con le gambe lunghe come Chloe Moretz, non può permettersi i pantaloni corti, chi altro potrebbe farlo? Come detto dalla Spora è uno stratagemma acchiappa click, e quel che è certo è che tutte adesso stiamo qui a parlare di IOdonna.it. La situazione ha talmente agitato le acque, che è stato creato anche un'hashtag dalla blogger curvy per eccellenza, Iris Tunin, #iodonnaconglishorts . Si è parlato di bodyshaming, che sarebbe quell'atteggiamento per cui noi femmine (ma anche i maschietti eh), deridiamo in maniera cattiva il fisico delle altre donne, un po per invidia magari, e molto spesso per cattiveria. Un esempio?

credits: www,popsugar.com

Questa modella, Dani Maters ha un fisico della Madonna, e si stava allenando in palestra. Con un'immagine su snapchat ha però preso in giro un'altra cliente del centro fitness, giustificandosi dicendo che pensava di inviare l'immagine solo ad un'amica. Cavolata immane, quella era una presa per i fondelli  che le è costata cara: è stata licenziata dal programma radio che conduceva, bannata da qualsiasi palestra di Los Angeles ed ora potrebbe avere guai giudiziari, per aver pubblicato una foto di nudità, senza chiedere consenso alla donna ritratta. Tutto questo è estremamente triste: non tutte siamo nate con un metabolismo da angelo di Victoria's secrets, e se quella signora si stava allenando, probabilmente stava lottando con il suo sovrappeso. Come si fa a non capirlo?

Il body shaming è purtroppo una pratica molto diffusa. Posso dire di averlo usato anche io, ma di rimando: ovvero quando è stato fatto a me. Non sono mai stata magra, e tutt'ora devo stare molto attenta, perchè non posso permettermi di mangiare in eccesso: il mio fisico ne paga subito le conseguenze. Ed è difficile allenarsi, stare attente all'alimentazione, individuare il modo di vestire che ci valorizza, per poi essere sminuite, spesso appunto da un'altra donna. Perchè per quanto possano essere meschini anche gli uomini, spesso noi ragazze, ci facciamo la guerra a vicenda. I maschi hanno gusti assai vari: possono adorare le donne un po in carne, come preferire quelle magre, non esiste cioè un solo tipo di bellezza. Non solo un canone estetico. Certo, viviamo nell'era in cui le forme prorompenti di Kim Kardashian vengono apprezzate, ma non basta.

Il discorso vale anche per tutte quelle donne magre di costituzione: pensiamo ad esempio alla blogger Chiara Ferragni, che è molto dimagrita. Anche io ho scritto di lei in passato perchè la trovavo troppo pelle e ossi. Perciò sono colpevole, almeno in quel caso di body shaming. E lo siete anche voi, quando dite ad una collega che con un paio di kg in meno starebbe meglio, che quel taglio di capelli le sta da schifo, che da quando ha avuto un bambino non ha più le forme adolescenziali che la contraddistinguevano.

Triste a dirlo, ma le peggiori nemiche di noi donne, siamo noi stesse. Potremmo invece fare altro.

Possiamo valorizzarci. Possiamo volerci bene, Possiamo non dare giudizi se non ci vengono richiesti. Fa caldo, e per noi non magre è una stagione abbastanza strana, l'estate. Tuttavia, come dice Marta Corato, "non diventerò meno cicciona se adotterò la tecnica manica lunga e i jeans", in questo bel post . Anche perchè nel mio caso, correrei il rischio di liquefarmi.


martedì 12 aprile 2016

Di imprevisti prima del matrimonio e ringraziamenti


Avevo promesso, in  tempi non sospetti (almeno per me) di aggiornare questo mio spazio almeno due volte a settimana. Fattibilissimo, pensavo. Se non che, complice il fatto che tra meno di una settimana mi sposo, la primavera, la crisi dell'artista (chi, mi?), non ho mantenuto fede al mio impegno. E mi dispiace.

Forse, se il fato non mi avesse giocato questo scherzo, non avrei scritto nemmeno questa settimana. Ma ieri sono caduta, mentre andavo a ritirare il mio abito da sposa. E poi dicono, e domandano, cosa mi spinga a scrivere dei miei fattacci sul web: cioè ma quando vi ricapita di leggere le avventure tagicomiche di una che cade dal marciapiede, attraversando la strada, mentre va a prendere uno degli abiti più importanti della sua vita?

Ed eccomi qui, dolorante e preoccupata, con la caviglia che sembra un cotechino e la prerogativa del riposo forzato. Per non zoppicare, mentre mio padre mi accompagna all'altare (et voilà, servitavi anche una rima). Quindi? Dovrò limitare le mie manie di perfezionismo e di una casa splendente che manco Mastrolindo, se la immagina così. E le ultime spese prima del grande giorno.

credits:www.vivalamamma.tgcom24.it


Ma non voglio lamentarmi tanto. Alla fine, care future spose, il consiglio che vi do è quello di non tentare di stare calme, tanto non ci riuscirete. Un po di fifa vi verrà, e se siete dei pezzi di ghiaccio, dotati di ironia e eccessivo self-control (riguardante la grande data, non in altri ambiti eh) come me, qualcosa di storto accadrà. In questo caso, appunto una storta.
-"Sei agitata?"-chiedevano tutti. Ed io -"Ma no, sto bene"- Sarebbe stato meglio mentire: il karma mi avrebbe lasciata con la caviglia meno dolorante.

Ad ogni modo, l'autrice di questo blog come già detto fino allo sfinimento, non ama compatirsi. Guardiamo il lato positivo: ieri ho postato la foto mia e di mia mamma con la custodia dell'abito, in mano. La mia caviglia gonfia, bella nascosta. Ed è stato un tripudio di likes, di bei commenti, dalle amiche e gli amici di una vita e anche da chi ha incrociato seppur brevemente, la sua strada con la mia. E questo mi rende felice, ma anche orgogliosa: alla fine devo aver fatto sorridere ex colleghe, compagne di banco, amici con cui ho scambiato una chiacchiera ad una festa. Alla fine, in 34 anni di "carriera", devo aver lasciato qualcosa di buono agli altri: dalla culla all'altare, molti sembrano essere felici per me. E io che dovrei dire, se non...sentiti ringraziamenti?



mercoledì 30 marzo 2016

Le tre peggiori domande retoriche


Sono sempre stata dell'idea che la gente straparla, e lo fa volentieri. Molte persone amano interessarsi degli affari degli altri, chiedere, approfondire aspetti anche estremamente privati delle altrui esistenze, senza chiedersi mai se stanno facendo la cosa giusta.

Per quanto tenti di non cadere nella trappola gossippara, credo di aver peccato anch'io di curiosità, e di solito me ne rendo conto poco dopo. Vergognandomi. Tuttavia, come ripeto..mal comune mezzo gaudio, e se la gente è più curiosa di me, ego me absolvo.
Ma con chi ce l'ho? Con chi pone domande spesso retoriche o fastidiose. Vediamone alcune.

Sei single: come mai? 

Quando non ero fidanzata, questa simpatica domandina mi ha perseguitato, senza che io abbia mai trovato una risposta decente. Puoi buttarla sul ridere, sul tragico, sul fatalistico: non si riesce a uscirne. L'interlocutore che ti pone tale quesito non sarà mai soddisfatto. Poveri noi.

Hai il ragazzo: quando ti sposi?

Credo che questa sia la domanda che fa brillare gli occhi ai produttori di confetti. A me hanno iniziato a chiedere quando convolavo a giuste nozze, dopo un paio d' anni di frequentazione con il mio boyfriend. Spesso mi imbarazzavo, è poco ma sicuro.

credits: www.olidarex.altervista.org


Ti stai per sposare: farai presto un bambino?

Personalmente adoro i neonati, e anche da più grandicelli, faccio spesso un bell'effetto agli infanti. Ridono, forse vedendo la mia faccia da clown, e sembrano gradire la mia persona. Questo fa sì, che unita alla mia età non più giovanissima,  mi venga chiesto quando io voglia figliare. A parte che certe questioni vanno affrontate in privato, all'interno della coppia, ma mi chiedo cosa spinga la gente a fare domande simili. Mi immagino quegli sposi a cui magari un figlio non arriva subito, o che fanno effettivamente fatica a concepire: quanto devono soffrire per questa domanda che si tramanda nei secoli?

E voi, quale domanda retorica odiate?Sfogatvi dai!

mercoledì 23 marzo 2016

Erasmus e vita


La notizia della morte di alcune studentesse in Erasmus, ha reso triste la prima domenica di primavera. L'incidente avvenuto verso le sei di mattina, dopo una serata di festa  a Valencia, per assistere ai fuochi d'artificio di Las Fallas, ha sconvolto per la morte di 13 ragazze, alcune italiane.

Oltre al dolore che possono provare i familiari e alla tristezza di fondo che tocca noi tutti, c'è da fare qualche riflessione su quello che avverrà. Sembra infatti che tutti i 57 ragazzi coinvolti nell'incidente, che ha visto il bus ribaltarsi, pare per un errore umano, siano tutti partecipanti al programma Erasmus. Riflettevo perciò sul fatto, che quella che è un'importante esperienza e opportunità per gli studenti universitari, verrà menzionata, da ora in avanti proprio per un fatto tragico.

Purtroppo credo che sentirò affermazioni del tipo -"Ecco, vedi cosa succede? Se se ne stavano a casa, in Italia, forse ora stavano meglio"- oppure -"Io mia figlia non ce la manderei"-. Se vi sembra impossibile che commenti di questo tipo, arrivino alle mie orecchie, spiegatemi una cosa: sono io che vivo attorniata da un microcosmo strano (per non dir di peggio), o voi che siete fortunati a non sentire tali affermazioni?

credits: www.edilio.com


Ebbene, mi rivolgo a coloro che potrebbero anche solo pensare una cosa come questa. Sono quelli che ti avvertono ad ogni viaggio, che il tuo aereo potrebbe cadere, o che se vai per conto tuo, sei spericolato. Stare nel calduccio della propria casa, è una scelta, condivisibile o meno, come quella di preparare uno zaino ed andare. L'Erasmus, è anch'esso una decisione presa: a volte all'inizio del percorso universitario, altre volte in corso d'opera. C'è chi sceglie di non parteciparvi, per laurearsi nei tempi, oppure per altri motivi: come sapete questo blog non è nato per giudicare le scelte altrui.

Tuttavia c'è da dire che l'Erasmus è un modo per affacciarsi al mondo: studi all'estero, continui a dare esami (se la prendi seriamente), conosci persone di altre nazionalità, a volte impari la lingua del paese che ti ospita. Con il mercato del lavoro ancora piuttosto stagnante, è giusto pensare di guardarsi intorno e cercare di accumulare anche esperienze all'estero. Avere voglia di esplorare e buttarsi a capofitta nella vita, è una cosa tipicamente giovanile, e non fate finta, di non ricordarvelo.

Per quanto la notizia della morte di queste ragazze, mi renda triste,  non credo che nessuna di loro non sarebbe mai partita. E non è l'Erasmus ad averle portate via, ma un incidente. Poteva accadere anche nelle loro città di origine, potrebbe accadere sempre: anche tra le mura domestiche. Vi prego quindi, non ricordiamole con frasi che di speranza non ne hanno neanche un po. Noi siamo ancora qui, e la cosa migliore da fare è continuare a viaggiare, conoscere, imparare. Noi possiamo ancora farlo, in memoria di queste giovani vite spezzate.

sabato 19 marzo 2016

A4 waist challange: sfidiamo la stupidità


Di cavolate nella mia vita ne ho viste tante, e non ne vado fiera. Nonostante sia un'accanita sostenitrice del "potere" del web in quanto mezzo per conoscere ed essere tutti meno ignoranti, sia proprio tramite internet, che vengo a conoscenza di minchiate colossali. E scusate il francesismo.

In merito, quella odierna, è l'A4 waist challenge. Questo nuovo tormentone viene dall'estremo oriente, e ormai spopola sui social network. Di cosa si tratta? Di dimostrare attraverso un selfie o un ritratto, che la propria vita è così sottile, da non lasciar intravedere neppure un centimetro oltre la misura standard di un foglio A4. Posizionato ovviamente in verticale.

Non avete capito? Ecco la foto esplicativa

credits:www.robadadonne.it

A parte che il trucchetto, potrebbe consistere nel posizionare il famigerato foglio lontano dal busto, e ingannare l'occhio meno attento, quello che mi stupisce è la stupidità di una sfida simile. Sapete quanto misura un A4? 21-22 cm. Non ho ricordi di aver avuto un girovita tanto sottile.
Ma una ragazza con un vitino da vespa e sprovvista di fianchi, è l'unico canone di bellezza al quale bisogna ambire? Perchè visto la condivisione virale di foto simili a quella appena vista, sembrerebbe che molta gente stia prendendo questa sfida fin troppo seriamente.


Personalmente, ho più di una volta ricevuto commenti negativi sul mio fisico. Su questi fianchi, spuntati già a 9 anni, sulla pancetta, sulle spalle da nuotatrice. Ma anche se la mia 44/46 può essere definita sovrappeso (seriamente?), perchè si deve considerare che solo il magro è bello? Chi l'ha detto? Badate bene, non mi sto rendendo paladina dell'obesità, dicendovi di andare a rimpilzarvi di cibo spazzatura e di non praticare sport. Dico solo che non siamo tutte uguali e che non possiamo  vincere sfide così stupide in massa. Lo vogliamo capire, una volta per tutte, che magro non vuol dire sempre sano? E che le curve possono anche piacere? Perchè mi sembra che il web dica l'esatto contrario...

martedì 15 marzo 2016

Volevo essere una rock star. E per tre giorni lo sono stata.


L'ultimo post risale ormai a più di una settimana fa: lo sò avevo promesso di scrivere più spesso, ma è successa una cosa bellissima. Le mie amiche, dopo uno sfavillante addio al nubilato sabato sera, mi hanno "rapito" domenica mattina e portato a Malta. Lo sapeva il mio ragazzo, ne erano a conoscenza le colleghe e la mia famiglia. Io invece dopo una serie di scherzi in merito, credevo non saremmo partite questa volta: non lo pretendevo certo e non lo davo per scontato.

Invece le mie amiche si sono superate, e hanno realizzato anche il mio sogno: essere una rock star. Munita di parrucca rosa e gonfiabile a forma di chitarra, sono andata in giro per Malta, con il mio gruppo, anch'esso composto da ragazza dai capelli coloratissimi. L'ispirazione?


Jem e le Hologram
credits: www.mammerock.net

Dire che è stato divertente è riduttivo e ammetto che mi sono sentita veramente un pò una rock star. Cosa non facile per me: sono un'appassionata di questo genere musicale, ma mi sono dovuta scontrare con la realtà tanto tempo fa. Provengo da una famiglia veneta, con i piedi ben saldati a terra: velleità artistiche musicali non sarebbero state certo giudicate come fonte di sostentamento o lavoro futuro. Poco male, poichè ho scoperto già da piccina di essere stonata come una campana e incapace di produrre leggiadri suoni, con qualsivoglia strumento. Ricordo infatti con terrore le lezioni di musica alle scuole medie, quando dovevo sorbirmi il pubblico ludibrio, tanto ero incapace!

Ad ogni modo, ho sempre sognato di essere una rock star. Sogno appunto: so che non lo sarò mai, anche perchè non ne ho le potenzialità. Potrei un giorno diventare famosa certo, ma non per le mie qualità canore. E questo le mie amiche lo sanno bene: ma perchè non farmi vivere tre giorni in cui, con divertimento, fingevamo di essere una band?

Le ringrazio ancora pubblicamente, come saluto tutte le amiche, colleghe e le mie cognate per essere state con me sabato prima della partenza. E per non avermi portato a ballare, se non chi si alzava domenica mattina? Il mio futuro marito sapeva tutto, infatti mi ha salutato alle ore 8.00 circa: io ero in coma, e per fortuna che mi ha svegliato lui. Non so se avrei sentito il campanello, e anche questo è molto rock, non trovate?

sabato 5 marzo 2016

Il mio addio al nubilato è stasera


Gli addii al nubilato ai quali ho partecipato sono sempre stati divertenti. Non volgari e pieni di risate.
In particolare quello della mia amica Manu, che abbiamo portato a Barcellona (lei non ne sapeva nulla). Tuttavia nell'immaginario collettivo, queste feste sono rappresentate piuttosto male: ho visto un paio di film in merito e fanno pietà. Quindi mi ispiro al super-maschile "Una notte da leoni" se devo pensare a qualcosa di divertente (anche troppo). Devo comunque ammettere che le feste di addio al nubilato hanno origini ben più recenti della loro controparte maschile, anche se in alcune culture sono presenti dei momenti di aggregazione tra le donne della famiglia, prima del grande giorno.

www.tulleconfetti.com


E così stasera tocca  me. Le mie amiche lo stanno organizzando da mesi, e mi hanno già fatto un paio di scherzi ben riusciti, in merito. So che questa serata ha portato a lunghe ore di preparazione, e non vedo l'ora che arrivi, Sono stata a lungo single, e quando ho incontrato il mio fidanzato, ho capito che era una storia seria fin da subito. Prima di questo, non avevo mai immaginato il mio matrimonio: non sono quel tipo di ragazza che ci pensa da tutta la vita. Ma dopo aver partecipato ad alcuni addii, ho sempre creduto che il mio sarebbe stato memorabile. Ne sono certa e spero che ci siano proprio tutte: amiche, cognate e colleghe.

E sono sicura che si divertiranno, che ci divertiremo: l'organizzazione, come detto è stata la migliore, Sarà un momento da ricordare, per sempre!

giovedì 3 marzo 2016

La calma è virtù?


Ho sempre tentato di non dividere il mondo in gruppi, di non distinguere le persone in base al loro comportamento, ma devo ammettere che a volte è difficile anche per me. Mi capita infatti di pensare che la gente si distingua in grandi macro-categorie. Sia chiaro che non sto parlando di razza o popolazione, ma di attitudine e comportamento.

Ad esempio: per me la terra è divisa tra persone calme e nervose. Semplicistico? Probabile. Realistico? Anche. Ci sono comunque delle scale di grigio, ed io appartengo a questa "terra di mezzo". Sono la persona più ansiosa della storia, in certi momenti, mentre al lavoro la calma regna in me sovrana (entro certi limiti).

Il fatto è che questa mia attitudine zen, costruita in anni di piccoli sforzi per cambiare il mio carattere, in ambito lavorativo, viene scambiata per menefreghismo, o peggio quella che io chiamo "insapidità". Di cosa parlo? Di quell'atteggiamento che contraddistingue alcune persone, per le quali un risultato o un altro non cambia, un orario nemmeno, un complimento o un insulto neppure. A questi individui, le giornate scivolano addosso e spesso sono pigrissimi, ma io non mi ci riconosco.

Vivo però in questo stato di calma indotta, perchè mi fa stare meglio: agitarmi tanto per una cliente rompiscatole, mi farà concludere al meglio la vendita? Farmi prendere dal panico per il disordine, mi farà sistemare tutto più in fretta? Temo di no. Ma al contrario, credo che lavorerò meglio se lo faccio con un indole tranquilla. Chissà se la gente lo capisce, o se come questo signore quì sotto, preferiscono lavorare con la tensione in corpo!

credits: www.forbes.com



sabato 27 febbraio 2016

Non ditelo alla sposa


In questi mesi di preparativi e decisioni, sono stata attenta a non diventare una bridezilla. E credo bene o male, di esserci riuscita. Tuttavia, posso assicurarvi che, per quanto il vostro partner sia tranquillo e per quanto la famiglia e gli amici siano d'aiuto, in ogni piccola fase della preparazione del matrimonio, qualcosa cambia.

Non sono mai stata incline agli sbalzi di umore, o all'essere triste senza saper perchè. I miei sentimenti sono sempre stati piuttosto "razionali". Nella maggior parte dei casi...Ma quando si sta preparando un matrimonio, le cose mutano. Non perchè ci siano chissà quali incombenze terrificanti da affrontare, sia chiaro: alla fine oltre al valore della cerimonia in se, è necessario ricordare che si terrà una festa. Che senso ha rovinarsi (o farsi rovinare) questi momenti che non torneranno più?

credits: www.gransassorugby.com


Tuttavia capita che senza pensarci si dica qualcosa alla sposa, che la farà imbestialire. O ancora peggio, preoccupare. Volete sapere cosa ne penso? Meglio evitare situazioni analoghe:


  • Dire alla sposa che deve dimagrire/mettere su qualche kg: sbiancamento dei denti, capelli da curare, pelle che dev'essere di pesca. Una futura sposina ha già diverse cose a cui pensare, per quanto riguarda il proprio fisico. Se anche le si dice di cambiare taglia, la mettete in agitazione (-"sarò grassa?"- oppure -"mi si vedranno troppo le ossa"-?). A me è successo che un venditore di abiti da sposa, mi dicesse di eliminare qualche kg. Ovviamente ho comperato il vestito  altrove, senza problemi per la mia tg. 46.
  • Commentare troppo le scelte: la meta del viaggio di nozze è troppo caotica, la durata della cerimonia snervante e via dicendo. Se la sposa vi chiede un parere, accontentatela: probabilmente si fida di voi. Altrimenti, aspettate di vedere come se la sarà cavata!
  • -"Pioverà": io sostengo che se anche dovesse capitare, non sarà una tragedia. Al tempo e ai matti, non si comanda (e nel mio caso lo trovo un detto azzeccato al 100%). Ma ho visto miti agnelli, trasformarsi in lupi assetati di sangue, se si sfiorava l'argomento. Pensate piuttosto a vestirvi in maniera adeguata, per la burrasca che poi non ci sarà!
  • -"Ci vediamo la prossima volta che ti sposi"-: l'apoteosi della cafoneria. E' successo non a me direttamente, ma ad una mia collega. Inevitabile l'insulto automatico, da parte di chi si sposa perchè ama il suo fidanzato.
  • Dire che non è abbastanza: anche in questo caso, un buon tacere non fu mai scritto. Ogni coppia ha una determinata disponibilità economica, oppure un gusto personale che gli permette di scegliere quanto sfarzoso o meno sarà il proprio matrimonio. Ricordate che a queste cerimonie, si va perchè si apprezza l'invito, e si vuole bene agli sposi, non per giudicare e basta.
Rileggendo il post, mi rendo conto di sembrare anche io una bridezilla. Vi assicuro che sono invece piuttosto in pace con il mondo, tanto che mi chiedo perchè esista ancora quella vecchia convinzione. Sto parlando dei preparativi che iniziano almeno un anno prima. Credetemi, non è così! A voi è capitato di fare qualche gaffe, durante i preparativi per un matrimonio a cui siete stati invitati? Coraggio, fatemi sapere! :) 

mercoledì 24 febbraio 2016

Catene di S. Antonio e foto di minori sul web


Sarà l'età, sarà che alcune amiche sono diventate mamme, sarà il proliferare di pancioni sulla mia timeline di facebook...ma ultimamente ho iniziato a leggere dei blog scritti da  mummy blog. Per il momento mi limito a citarvi i miei preferiti: Ma che Davvero? (famosissimo e ormai decisamente più lifestyle), Yummy Mom Mamma for dummies e Nascecrescerompe ma ce ne sono veramente tanti. Al momento li leggo per puro interesse, anche perchè in questi blog non si parla solo di bambini e svezzamento, cosa che al momento non mi riguarda, ma spesso ci sono post che descrivono vari aspetti della vita quotidiana, consigli utili ecc..Insomma, mi piacciono anche se non sono una mamma.

Quello che però ho capito, è che quando si mette al mondo un figlio, la gioia è talmente grande che lo si vorrebbe gridare al mondo: sensazione questa che conosco benissimo. Sono riuscita a non scrivere nulla in momenti in cui il cuore mi esplodeva di felicità, come quando abbiamo deciso la data del matrimonio (che avverrà a breve!!!), e non scrivo più quando sono in vacanza e dove (ma vi posso assicurare che ne parlo tanto quando torno). Tuttavia, quando penso ad un futuro, con me mamma, sono irremovibile sul fatto che non vorrò pubblicare foto dei figli on-line. Il mio fidanzato è ovviamente d'accordo, anche perchè è decisamente riservato.

Su facebook invece, molte ragazze postano le immagini dei loro bambini: al parco, in gita, sul seggiolone, persino in bagno. Sono foto spesso adorabili: mi piacciono e a volte arriva un like anche da parte mia, ma mi auguro che abbiano la consapevolezza di quello che fanno. Sia chiaro, ognuno può decidere di postare un ritratto del suo bambino: non sono qui  per denigrare nessuno, ma come spiegato su quest'articolo del Corriere, i rischi per il minore sono molteplici.
Da qualche giorno comunque su facebook, è apparsa l'ennesima catena di S. Antonio, che prevedeva di postare tre foto per rappresentare la felicità di essere mamma. Il fenomeno è diventato tanto virale che persino la polizia postale italiana ha scritto qualcosa a riguardo, sulla propria pagina. Ovviamente il consiglio è quello di non inserire le tre foto con il bambino, tuttavia molti utenti hanno addirittura denigrato questo avviso, definendolo troppo allarmistico.

credits: www.hotelgiglio.it

Come spiegato nel post di Futuro Semplice, oltre ai gravi pericoli che si corrono a pubblicare immagini di minori sul web, c'è anche un aspetto personale di cui tener conto. Il vostro bambino sarebbe felice che la sua identità virtuale fosse scelta da voi? La sua privacy non è più importante di una sfida tra mamme? Probabilmente un giorno sarà proprio lui a voler creare un account su un social network e sceglierà da solo la foto da pubblicare ( in cui probabilmente non avrà più bisogno del pannolino!). Per l momento secondo me, sono altre le catene di S. Antonio a cui partecipare: ce n'era una carina che prevedeva la pubblicazione delle nostre foto da infanti. Siamo tutti adulti qui? Ebbene abbiamo la possibilità di scegliere quale immagine carina far vedere al mondo. I nostri genitori all'epoca, l'avevano fatta vedere solo ai parenti in visita di domenica.

Diamo anche noi questo privilegio ai bambini, e se abbiamo voglia di farli conoscere al mondo, possiamo sempre scattare una foto che non li renda riconoscibili a tutti, malintenzionati compresi.

domenica 21 febbraio 2016

Missione impossibile: i capelli perfetti


L'inverno è una stagione che molti odiano, ma a dirla tutta, io non sono tra quelli che aspettano con ansia l'estate. Il caldo mi sfinisce, il sole mi brucia la pelle ( se non metto la crema solare), i capelli sembrano lana.

Lana che però sta al suo posto, ondulati e folti come dovrebbero essere, tutto l'anno. Invece d'inverno, stagione che comunque ha i suoi lati positivi, i miei capelli rasentano il disastro. Non importa se uso la piastra, sono spesso crespi e ingestibili, anche se devo dire, da qualche anno a questa parte, li curo molto più di un  tempo.

Questo disagio dura da quando ero un'infante: avendo i capelli mossi, urlavo quando mi pettinavano, e non sapevo come tenere composta la mia folta chioma. Il cerchietto era il mio amico/nemico, e invidiavo chi aveva i capelli dritti, magari anche naturalmente biondi. Se al momento la mia tinta scura mi piace, non posso certo affermare che la situazione sia cambiata per altri versi: il crespo è sempre lì che mi attende, e anche se il sole splende e l'aria si sta facendo più mite, la stagione peggiore per i miei capelli non è ancora finita.

Così eccomi a seguire i tutorial su youtube, a provare i più disparati prodotti, tutto per non avere una chioma che spaventa il prossimo. Tagliare tutto? In giovinezza ha provato anche questo ma è irrimediabilmente una rottura. I capelli corti devono essere maneggiati dalle sapienti mani del parrucchiere molto spesso, ed io sono pigra. E poi diciamo che la femminilità nel mio caso, sta anche in una chioma fluente.

credits:www.sheblogs.xyz


Il "mondo" comunque non mi aiuta...In questo momento alcuni brand usano testimonial con le parrucche in testa, per pubblicizzare shampoo e affini: che pratica scorretta! Quasi come i mascara abbinati alle ciglia finte. Falsi come una modella tg.38 con in mano un hamburger.

Ma non mi arrendo: sto facendo crescere i capelli e li voglio lunghi. Non desisto da questa scelta perchè mi servono per l'acconciatura del grande giorno (eh sì). e ringrazio per l' incoraggiamento da parte di fidanzato, parenti e amici. Vi prego, continuate a sostenermi. E io in cambio, vi scriverò un post sui prodotti che realmente funzionano, sulla mia testa!

mercoledì 17 febbraio 2016

Riflessioni sulla forma


L'altro giorno ho letto un estratto del libro sulla vita di Cindy Crawford, una delle supermodelle famosissima negli anni '90. Il volume  si trova in vendita su Amazon, e si intitola semplicemente "Becoming". Non è certo regalato, visto che bisognerebbe sborsare 55 euro per averlo, Di sicuro non è solo un insieme di belle foto patinate, se rispecchia le aspettative che l'articolo apparso sul n.6 di "Vanity fair", promette.

Si parla molto del corpo, di come esso cambi negli anni e Cindy Crawford non nasconde certo la nostalgia per il suo. O meglio per quello di quando aveva vent'anni.

credits:www.cnn.com

Tuttavia è un altro pensiero che mi ha fatto riflettere: anche per i canoni estetici dei favolosi 90s, Cindy era più formosa delle altre, in carne diciamo. Nulla di che disperare anzi, su quel fisico ha costruito la sua fortuna. Ma con il passare del tempo, le modelle sono diventate sempre più magre, e ammette che ora non entrerebbe più nella taglia richiesta, oggigiorno. Ma afferma anche:

"Il rapporto tra moda e forme è un pendolo-prima Marilyn, poi Twiggy, poi noi supermodelle, poi l'heroin chic-e i consumatori devono rendersi conto che il potere è nelle loro mani, o meglio, nei loro portafogli. Se non amano quello che vedono, possono smettere di comprare, questo o quel giornale. Perchè la moda è un business, e le cose cambiano solo quando ne va delle vendite"

Questo vale principalmente per i brand che scegliamo, secondo me. In effetti, non mi ero mai soffermata a pensarlo. Una volta ho boicottato qualcuno perchè non riuscivo a trovare la mia taglia: ma era semplicemente un banco di cinesi al mercato settimanale. Insomma, molto prima di lavorare in un negozio che vende grandi firme (come sono 90s pure io!). In effetti come consumatrice, ho il potere di non scegliere dei brand non adatti a ciò che sono: ovvero una ragazza non proprio magra.

Viviamo ormai in un mondo che ci permette di spaziare dalla moda curvy, a stili che ci si addicono di più. So che non starò mai bene con determinati vestiti e che non sarò mai una taglia 42.  Potrei passare il mio tempo a struggermi su questo, ma ho preferito da tempo accettare la mia figura per quella che è, cercare magari di migliorarmi con lo sport e non eccedere con il cibo. Ma è anche vero che il potere è nelle mani di noi, che compriamo e che scegliamo chi seguire sui social, che giornale leggere, che brand vestire. Quindi, niente lacrime o musi lunghi, ma tanta consapevolezza...

Grazie Cindy, per avermelo ricordato!

venerdì 12 febbraio 2016

Sopravvivere a San Valentino in coppia


Sopravvivere a San Valentino per una coppia è possibile. Non pensate infatti che solo chi è single senta la "pressione" di una ricorrenza come quella della festa degli innamorati. Certo, ci sono cose ben peggiori, sia chiaro, ma sui social network vi è un gran fermento già da un paio di settimane per il 14 febbraio. Abbondano gli how to, i tutorial per il trucco, gli articoli sul regalo perfetto. Per non parlare della serata, che deve essere memorabile. Nessuno obbliga gli altri a festeggiare, ma è una ricorrenza romantica, quindi è  un peccato saltarla a piè pari.

Come avete ormai capito, sono fidanzata, quindi questo è il post sulla mia situazione attuale. Per quanto mi riguarda, i festeggiamenti sono sempre stati pacati, con la mia dolce metà, ma so che lui apprezza. Il primo San Valentino assieme, l'ho invitato a casa mia per una cenetta romantica: ho preparato una semplicissima torta salata con i funghi, perchè a lui piacciono. Lo stampo era a forma di cuore. Semplice, ma  buonissima. Perchè vi racconto questo? Beh, sinceramente per il motivo di cui sopra: semplicità is the key. Ecco quindi tre piccoli consigli per la vostra serata assieme.


  • Scegliete con anticipo il ristorante: se non ve la sentite di cimentarvi ai fornelli, andate pure a cena fuori. Vi consiglio di pensarci almeno sette giorni prima, per non trovare il tutto esaurito nel vostro ristorante di fiducia. Ritengo infatti che per non avere un brutto ricordo, è meglio per questa sera andare sul sicuro. Preparatevi ad aspettare più del solito, poichè ci saranno molte persone.

se abitate a Parigi, probabilmente siete più avvantaggiati! Credits: www.myluxury.it



  • Scegliete un regalo poco scontato: cioccolatini alla vostra ragazza a dieta, set da barba per il vostro fidanzato che possiede un rasoio elettrico...Spesso si finisce per andare sullo scontato e acquistare qualcosa di inutile o inappropriato. Se i fiori sono comunque sempre graditi per una donna, per un ragazzo sceglierei magari il manga che cercava da qualche tempo. Insomma siate originali, ma anche in linea con i gusti della persona con cui state. Se siete a corto di idee e di denari (capita), vi consiglio la scatola dei ricordi. Prendete un piccolo contenitore di cartone e metteteci dentro i ricordi che avete assieme, come il biglietto del primo film visto assieme, una polaroid scattata tanti anni fa, la cartina della città dove siete stati in vacanza quest'estate. Se non avete conservato nulla, cercate sul web e stampate (dai che siete capaci!)

  • Viaggiate: se avete la possibilità, concedetevi qualche giorno di vacanza. Una gita fuori porta sarebbe comunque sufficente. Le città addobbate con i cuori, le iniziative culturali...insomma un bel modo per stare insieme non credete?

Buon San Valentino quindi! Comunque ricordate che una frase ad effetto, fa sempre colpo:

credits: www.thesmashable.com


giovedì 11 febbraio 2016

Sopravvivere a San Valentino da single


Ogni anno è la stessa storia: S Valentino arriva e il mondo intero desidera ricordarcelo. Io stessa, da single, ho passato anni a odiare questa festa, e non perchè fossi invidiosa di chi fosse innamorato/in una relazione. Quello che mi infastidiva erano forse sì, le coppie "Pucci-pucci", quelle troppo appiccicose, ma a dire il vero è il consumismo legato alla festa. Cioccolatini, fiori, pupazzetti, ristoranti con il tutto esaurito: come sempre la commercializzazione di una ricorrenza mi manda  in bestia.
Per un paio d'anni di fila, ho pubblicato su facebook canzoni totalmente anti-innamoramento, proprio in questo giorno, suscitando reazioni ilari e pacche sulle spalle da chi ne capiva l'ironia.

Così, anche se da quattro anni sono dall'altra parte della barricata, cari/e i mie/le mie single, comprendo benissimo: lo scazzo e pure la tristezza. Ed è per questo, che ho pensato a voi, con i miei consigli forse non richiesti, ma comunque (credo) utili.

Come passare la serata più looove dell'anno, quando non si è fidanzati?


  • Film/serie in accoppiata con birra o tisana (fate voi, va bene qualsiasi bevanda alcolica o meno).
sono ammessi anche dei salutari snack.  Credits: www.biblioteche.comune.fi.it

Se non avete la pay-tv, potete sempre organizzarvi con un bel film, evitando i cinema (troppe coppie che amoreggiano, mi sa). Se però ci andate, non so se sia un bene vedere commedie come "Single ma non troppo". non perchè non sia divertente, a suo modo, ma perchè vi ricorderebbe la vostra vita sentimentale per quello che è o non è. Io andrei più sul neutro, evitando magari film strappalacrime, anche. Insomma: scegliete un film o una serie tv che vi possa far passare un paio d'ore senza pensieri. Un consiglio? Come film direi una commedia, non troppo romantica ad esempio l'ormai famosissimo "Quo vado?"- con Checco Zalone. Per quanto riguarda le serie tv, mi viene in mente qualcosa di appassionante tipo "Sherlock"

  • Preparatevi una cena degna di tale nome: rimpilzarvi di schifezze può servire a poco. Il confort food secondo me è un altro, ovvero una cena cucinata con un minimo di amore. Se non siete cuochi provetti consultate qualche blog di cucina e copiate una ricetta da internet. Concedetevi il dessert se vi va, mi raccomando.
  • Per quanto riguarda la mia esperienza, è meglio rimanere da soli, a meno che non abbiate amici/amiche  single a cui non interessa nulla della propria condizione, se no essere tristi/scazzati insieme è deleterio. Se vi va di uscire ben venga, ma preparatevi a vedere molte coppie che festeggiano, quindi non fatene una tragedia, mi raccomando. Per coloro che sono nella "friendzone", direi di non sentire la persona che vi interessa, a meno che non abbiate deciso di chiarire la situazione.
Io sono sopravvissuta in questo modo durante i miei anni da single. Lo so che è un frase retorica, ma anche per le coppie spesso l'aspettativa per il 14 febbraio è grandissima, quindi domani dirò la mia anche su quello. Vediamo che ne pensate!

sabato 6 febbraio 2016

L'Italia non è pronta per il ddl Cirinnà?


In questi giorni si sta parlando con toni sempre più accesi della legge Cirinnà, che prevede tra l'altro, la possibilità per le coppie omosessuali, di essere formalmente riconosciute. Un'unione civile che tutt'oggi manca in Italia, con tutti gli inconvenienti annessi e connessi.

Possiamo essere d'accordo oppure no, sul fatto che le coppie omo, possano essere definite famiglia: per il momento nel testo in discussione al Senato, si parla di stepchild, ovvero dell'adozione di un bambino che sia figlio biologico di solo uno dei coniugi. In pratica se un gay ha avuto da una precedente esperienza etero, un pargolo, se ora si trova in una coppia omosessuale, può far adottare al compagno o compagna, il suddetto bambino.
Possiamo pensarla come vogliamo sull'omosessualità: è una preferenza che si ha dalla nascita, oppure no? Ma per favore, non diciamo mai che non sono normali. Cos'è la normalità quando si parla di sesso? Chi detiene questa verità assoluta, che possa definire strano o anormale, ciò che non ci piace fare?

Ad ogni modo, mi spiace, in Italia non siamo pronti. Non importa se manifestiamo in piazza, non importa quello che pensiamo, non importa se diciamo di accettare un cambiamento culturale storico, per il nostro paese.

Perchè finchè ci sono persone come Lidia Maschio, addetta stampa della pro loco di Sovramonte, paese del Bellunese, non so se possiamo definirci pronti.

credits: www.secolo-trentino.com

La foto a destra, quella con i maschietti che si baciano, è stata commentata con un "froci". Intervistata sul programma radio "Stanza selvaggia", ha detto che l'è scappato quel dispregiativo, perchè c'è troppo esibizionismo in materia.

Lo ammetto: vedere due persone dello stesso sesso baciarsi, può essere strano, anzi a volte scioccante per noi etero, la prima volta che ci capita. Ma non vedo perchè ormai, non dovremmo esserci abituati a una foto così, a delle effusioni caste, a due persone dello stesso sesso che si dicono "amore". Personalmente se vedo una coppia che si lancia in palpeggiamenti e che è troppo esibizionista, mi da fastidio a prescindere, che sia etero o omo.
La parola "froci" non dovrebbe balenarci neanche per l'anticamera del cervello. ma in Italia, non è così raro. Mi piacerebbe che la società cambiasse anche su altri atteggiamenti: perchè il gay nelle fiction è sempre "buono" ad esempio? Per fare simpatia? Una persona deve esserci simpatica per quello che è, non perchè ci fa tenerezza o perchè lo riteniamo "sfortunato" per le sue scelte sessuali.

Finchè additeremo un'uomo dalle movenze femminili, come diverso, finchè pretenderemo l'outing di un personaggio pubblico, non possiamo definirci pronti. La legge potrebbe anche entrare in vigore, ma la società italiana è ben lontana dal rendersi conto che, questo ddl non è poi così rivoluzionario. Almeno non per le nostre menti.

domenica 31 gennaio 2016

Tre antisocial


Adoro i social network e capita che li usi anche più volte al giorno, magari quando ho un attimo di tempo. Ormai sono importantissimi: pensate alle campagne promozionali fatte su facebook,  che molti brand usano per acquisire clienti. Ma anche a tutte le volte che colti da una strabordante felicità, l' avete fatto sapere al mondo, tramite facebook. O l'emozione provata quando quella twitter-star, vi ha menzionato in uno dei suoi cinguettii.


credits: www.algoritma.it

Tuttavia il condividere, lo scrivere status o il dare un'occhiata ai post altrui, può riservare anche qualche sorpresa, non sempre positiva. Sul web abbondano gli articoli su come non usare i social, e sull'utente da evitare (vi consiglio di leggere cosa ha scritto Valeria di Gynepraio in merito).
Ho pensato perciò di parlarvi dei tre utenti che preferirei evitare su facebook, ma che mi ritrovo inevitabilmente  tra i piedi. Purtroppo. Li considero inesorabilmente antisocial


  • L'ermetico: se non capite nulla di quello che scrive, non fatevene un problema. Lui ragiona così: scrive per se stesso (su un social, mi pare una scelta azzeccata eh!), e gli altri devono comunque comprenderlo anche se non c'è una grande possibilità. Così un post sul sole che splende, diventa "una luce invadente in cucina", una lite con un'amico può trasformarsi in post  sul significato della vita. Di merda, di solito. 



  • L'arrabbiato unbrave: questa categoria la ritengo insopportabile. Sono quelli che non parlano con i diretti interessati, se hanno qualche screzio. No, loro scrivono post lunghissimi, spesso molto cattivi, pensando che quella determinata persona legga, e si renda conto della mancanza fatta nei loro confronti. Sarebbe tanto bello se l'arrabbiato poco coraggioso usasse anche apparecchi meno tecnologici del pc, come ad esempio il caro vecchio telefono, per parlare con un amico e chiarire la situazione.



  • Il premonitore: spesso mi capita di essere taggata con gli amici a qualche aperitivo o festa. L'appartenente a questa categoria, passa svariati minuti a controllare la timeline, per poi poter abbozzare discorsi con i propri contatti, precedendoli. Si iniziano così fruttuose conversazioni sul cocktail numero tre, su quanti bicchieri di prosecco ci si scola la domenica sera, anche se magari c'è tutto il pomeriggio da raccontare. Il premonitore sa già tutto e spesso questo spegne la voglia di andare al di là della semplice chiacchiera di circostanza.


E voi cari lettori, quale categoria trovate più fastidiosa? Sono curiosa di saperlo!

giovedì 28 gennaio 2016

Di statue coperte e risate


Tutto si può dire di noi italiani, ma di certo nessuno può affermare che non ci piaccia far ridere. Pensate: siamo il paese del sole, di Totò e del buon vivere. Possiamo accettare la corruzione, la burocrazia, i ritardi cronici, ma la prendiamo spesso sul ridere.

Anche questa volta è andata così. Insomma, come giustificare un atto tanto assurdo? Perchè dopo il funerale show del boss dei Casamonica, era passato un po di tempo, senza far ridere l'unione europea e il mondo intero, non trovate?

Così, all'indomani della conferenza stampa del presidente Rouhani e del premier italiano Renzi, si è sparsa la voce, con tanto di foto a documentare l'accaduto, di un fatto divertentissimo. Noi italiani, con tutto il nostro patrimonio artistico, che ci invidia da secoli, il mondo intero, copriamo le statue nude dei Musei Capitolini, pare per non offendere l'ospite iraniano.
Ci sarebbe da parlare del fatto che nessun nuovo corso, può iniziare, se trattiamo ancora Rouhani in questo modo. Ma soffermiamoci sul perchè tale scempio è stato computo: eccesso di zelo? Ospitalità a livelli quasi servili? Io credo che la verità sia un'altra:

"L'’incontro a Roma tra Rouhani e Renzi è stato molto importante per la conclusione di alcuni accordi economici, di nuovo possibili dopo la rimozione delle sanzioni legate al nucleare iraniano. Italia e Iran hanno firmato 13 memorandum per un valore di contratti pari a circa 17 miliardi di euro. Dell’interesse delle aziende italiane per il mercato iraniano si parla da tempo, e anche prima della rimozione delle sanzioni l’Italia era uno dei paesi europei più coinvolti nell’economia iraniana"
Fonte: www.ilpost.it


Insomma la questione sarebbe economica: noi non offendiamo in nessun modo la tua cultura, tu firmi un trattato che ci farà guadagnare, entrambi. Perchè è qui che vorrei soffermarmi: noi italiani pensiamo sempre di avere bisogno degli altri, di dover qualcosa a qualcuno. Ma i benefici economici dopo un embargo di anni, non sono reciproci? E soprattutto, perchè vergognarsi di ciò che si è? Cos' hanno di tanto scandaloso quelle opere d'arte?

La statue di Venere, una di quelle coperte. credits: www.romatoday.it


Ad ogni modo, ora si pensa già a come divertite ancora il mondo intero. Se Palazzo Chigi ha avviato un' indagine interna, per capire da chi sia partita questa fantastica idea, nessuno si sta prendendo la responsabilità dell'accaduto. Nessun ministro, nessuna ambasciata, nessun ufficio stampa che dichiari -"Ok abbiamo fatto una cavolata". Tutti che non c'erano e se c'erano, dormivano.
E via le risate..amare.


venerdì 22 gennaio 2016

Not a morning person


Secondo uno studio accuratamente fatto da...me, il mondo si divide in due grandi categorie: le morning person, e le not morning person. Italianizzando, le persone mattiniere e quelle che non lo sono.

Io appartengo alla seconda categoria ça va sans dire. Per me è difficilissimo alzarmi dal letto alla mattina, se non devo timbrare il cartellino ( e anche in quel caso la lotta è impari).
In questi giorni sono stata in ferie, e pur avendo tantissimo tempo a disposizione, mi è capitato di programmare impegni (e che impegni: le pulizie di casa), alle prime ore del mattino.
Disgraziatamente rimanendo a letto. Fino alle dieci.

credits:www.playbuzz.com


Non posso proprio immaginare quale sommo gaudio provano le "morning person", quando si alzano felici, si preparano favolose colazioni da instagrammare, e vanno (orrore) a correre. Io trovo difficilissimo uscire dal pigiama, figuriamoci affrontare il mondo.
Ho avuto a che fare più volte con queste persone, e mi sono sempre chiesta quale sia il loro segreto. Io che non riesco nemmeno a prendere la scopa in mano per tirar su le briciole in cucina, mentre loro sono alle prime ore del giorno,totalmente spumeggianti.

Le prime luci dell'alba possono essere buone per il lavoro, per lo sport e anche per prendersi un pò di tempo per se, e secondo alcuni studi, alzarsi presto farebbe bene alla salute. Ma io sono un gufo e difficilmente riuscirò a cambiare la mia natura, anche se qualcuno c'è riuscito e anche piuttosto bene a suo dire.
Il problema è che dopo una certa ora, la sera, è come se mi volessi prendere ancora del tempo. Dopo le 22.00, mi piace leggere, scrivere, guardare qualcosa di interessante alla tv. Mi sento più attiva che il mattino. Sono proprio quelle ore, che mi sembra di rubare al tempo, le più produttive per me. E non importa se la mia colazione sarà tutt'altro che instagrammabile.

Il fatto è che potremmo tutti vivere felici, gufi o morning person, solo che a quelli come noi, risulta quasi irritante il buonumore all'alba. Insomma, come si fa ad essere felici, prima delle 10.00 di mattino? E soprattutto, perchè ci si deve parlare prima di quell'ora? Per quieto vivere noi gufi interagiamo la mattina, ma sappiate che non saremmo mai al massimo della nostra bellezza, e simpatia. Regolatevi voi.

lunedì 18 gennaio 2016

Perchè non fare shopping in coppia


La settimana appena conclusa è stata impegnativa, e ancora più difficoltà mi ha portato l'assenza di una connessione internet nella mia magione.
Visto che sono stata colta di sorpresa, non sono riuscita a programmare i post, e quindi ad aggiornare questo blog, da lunedì.
Oggi sto usando una adsl non mia, e ringrazio pubblicamente colui che mi da una mano (mio fratello).

Ma veniamo a noi: oggi vorrei parlarvi di un aspetto del mio lavoro, che sfocia inevitabilmente anche nel privato. Non ve l'ho ancora detto: da ormai dieci anni sono una commessa, in un grande negozio di abbigliamento, e mi ritrovo da tutto questo tempo, nel reparto donna.
Assisto perciò, semi-inerme, al classico fenomeno: uomo che accompagna una donna a fare shopping. Sapete di che parlo, sul web appaiono notizie come questa:

credits:www.darlin.it


Ora, non so quali altri problemi avesse il ragazzo in questione e sono sicura che uno non si getta nel vuoto perchè esasperato dallo shopping della fidanzata (vero?). Ad ogni modo mi sono trovata spesso a parlare con gli amici, e le coppie spesso riportano aneddoti molto simili tra loro, sul fatto che, per un uomo, accompagnare una donna a comprarsi vestiti è l'inferno.
I maschi sarebbero in grado di stare ore al Bricocenter, senza fiatare, anzi divertendosi pure, ma è l'apocalisse già dopo mezz'ora di shopping con le loro compagne.

Per quanto mi riguarda, convivo con uno che sbuffava se solo mi avvicinavo ad una vetrina: ho capito subito che non sarebbe stato il caso di chiedergli di entrarci con me, in un negozio. All'inizio rinunciavo a guardare l'ennesimo paio di scarpe, e lasciavo la mia bramosia di comperare o meglio  di confronto prezzi, per un'altra occasione in cui sarei stata sola (o con un'amica). Poi, l'illuminazione: perchè non avrei potuto lasciare un secondo la sua mano, e guardarmela tranquillamente quella vetrina? Tanto, è veramente questione di poco: sono una persona decisa, e per partito preso, non faccio shopping nei giorni di festa (che comprendono anche la domenica, ricordiamolo).

Vi assicuro che la cosa funziona benissimo durante la nostra passeggiata domenicale, per il centro città. Io guardo quello che voglio, lui non si lamenta che gli faccio vedere l'ennesimo negozio di scarpe da donna. Questo metodo va ovviamente applicato anche per quanto riguarda lo shopping: non vado mai a comperare vestiti con il mio ragazzo. La trovate una cosa strana? Non direi: porta una serie di benefici. Vediamoli insieme.

  • Compero quello che veramente mi piace: nonostante stia attenta a non vestirmi in un modo che lui odierebbe, sono libera di comperare ciò di cui ho bisogno (e non). Ho visto donne rinunciare ad un maglione in cachemire che adoravano, perchè il colore non soddisfaceva il marito. Ed è un peccato.
  • Non mi vesto “troppo” femminile: le gonne corte e i vestiti che segnano le curve piacciono a tutti i maschi, ammettiamolo. Ma se possono andare bene per una cena, poi sono difficili da indossare in  ufficio. Ho notato che spesso il maschio è attratto da quei vestiti che poi non fanno sentire una donna a proprio agio, in ogni occasione. Ma al momento dell'acquisto, ci sembriamo bellissime, perchè piacciamo a lui. Risultato? L'abito resta nell'armadio e a noi servirebbe una camicetta in seta, che ovviamente non abbiamo comperato. Per assurdo accade che, in un impeto di coraggio rimettiamo la famigerata minigonna? Il suo commento sarà negativo, e noi dovremmo ricordargli che c'era pure lui, quando l'abbiamo comperata!
  • Punto sull'effetto sorpresa: è bello anche arrivare ad un appuntamento con qualcosa di nuovo, che ci sta bene e ci fa sentire belle. Lo noterà anche lui, e ci farà i complimenti per quella bella camicetta in seta (sì, ancora lei), che non ci aveva mai visto addosso.
  • Ci metto il tempo che voglio: secondo me è l'indecisione che ci differenzia dagli uomini. Il maschio di solito vede massimo tre oggetti. Tra queste tre opzioni ne sceglie una. Noi donne superata la fase “mi sta bene addosso”, dobbiamo deciderci per il colore, l'abbinamento, il tessuto: tutte cose che le aziende sanno e perciò ci propongono in maggior varietà. Questo porta via tempo, lo so. Per non parlare del fatto che “ci potrebbe essere qualcosa di meglio” nel negozio, e finchè non abbiamo provato e riflettuto, non siamo pronte all'acquisto. L uomo intanto sogna   già il divano, la birra nella mano destra, e il telecomando nella sinistra. Capite, quanto sia diverso il nostro approccio all'acquisto?

Ed ecco perchè vi esorto a provare questo metodo, e sono sicura che mi ringrazierete. Il tempo con i vostri mariti e fidanzati, si può impiegare scoprendo un interesse comune, che vi assicuro non è lo shopping sfrenato. Se siete insicure, portate con voi un'amica e affidatevi alla commessa. Non è vero che vogliamo sempre appiopparvi qualcosa, tanto per concludere una vendita.

In quanto a voi, uomini, so già che mi state dedicando una hola allo stadio. In cambio, vi chiedo solo di continuare a leggere questo mio piccolo e semi-serio spazio web e di diffonderne il verbo.





lunedì 11 gennaio 2016

Perchè già mi manca Bowie


Si è diffusa oggi la notizia della morte di David Bowie. Tristezza e speranza che fosse una bufala da parte mia, cordoglio da molti utenti sul web.

Come ogni morto famoso, il duca bianco susciterà varie reazioni e già mi aspetto, come suggerito da altri, sulla mia bacheca facebook, frasi tipiche e odiose.
"Ecco ora siete tutti fans"- Come no, tutti quanti eh.
Forse  non mi metterò a piangere, ma questo non significa che non sia molto triste e che, soprattutto non possa citarti testi di canzoni, date di live, e collaborazioni con altri artisti. Non lo farò, a meno che non mi venga esplicitamente chiesto, anche se esiste santa Wikipedia per questo. Insomma, il fatto che non citi giornalmente David Bowie, non significa che io non sia una fan . Quindi, basta con questa frase, grazie.

 "Non me ne frega niente"-è ancora peggio, forse. Come se dovesse per forza significare qualcosa la morte di un personaggio pubblico: certo non lo si conosce di persona, non fa parte della nostra famiglia di origine, ma questo non preclude il fatto che tu, non fan, possa anche provare un minimo di empatia nei miei confronti. E' successo con la morte di Amy Winehouse, e  succederà ancora, anche quando qualche altro artista passerà a miglior vita. Personalmente, se non sono fan di un cantante, e se questo non mi interessa, quando gli capita qualcosa di brutto, o passa a miglior vita, sto zitta. Fate come me, grazie.

Dopo queste  puntualizzazioni, vorrei parlarvi di David Bowie, o meglio di quello che rappresenta per me. Ricordo che già da bambina ne sentivo parlare, ma è stato solo durante l'adolescenza che sono diventata fan. All'epoca ascoltavo come ora, molto rock (internazionale e non).  Mi piaceva Ligabue, e adoravo i Litfiba. In quegli anni, non c'era il digitale terrestre e io non riuscivo a vedere Mtv: dove abitavo il segnale non arrivava. Le reti generaliste erano molto caute nel proporre musica live, poichè i dati di ascolto risultavano bassi.
Però a volte ci provavano, e così a Rai1, per un periodo, andò in onda "Taratatà", un programma che proponeva speciali con big della musica (soprattutto italiana). In uno appunto, Ligabue invitò come ospite per un duetto assieme, Piero Pelù. E cosa scelsero di cantare? "Rebel rebel". Per me avvenne la folgorazione, quella si presentò come la mia Damasco: da lì il mio interesse si spostò al glam rock, e soprattutto a David Bowie.

il duca bianco. credits: www.dailybest.it

Per l'imminente compleanno, chiesi un suo cd, così a caso: non avevo idea di quale, nello specifico, mi bastava che ci fosse "Rebel rebel". E così, arrivò comprensibilmente un greatest hits, che mi fece conoscere altre perle, tra cui ovviamente "Heroes", ma anche "Changes", tanto per dirne una.

Da allora ho acquistato altri cd, ho ascoltato diversi album di David Bowie, ma "Rebel rebel" resta la mia canzone del cuore. Il testo non è dei più romantici, ma rappresenta molto per me. Mi ricorda il periodo dell'adolescenza, quando mi tagliavo i capelli troppo corti, avevo pochissimi amici, zero fidanzati e non mi piaceva la scuola in cui mi stavo diplomando.
Ma avevo la musica, che mi tirava su, e quella canzone, mi mette da sempre allegria per il ritmo, perchè parla di band che suonano "forte". L'ho sempre vista anche come un inno al trasformismo di cui Bowie è stato pioniere, ed anche della tipica confusione che si ha in testa, da adolescenti. Parla di vestiti strappati, e di facce che "sono un casino", ma anche di qualcuno che scanzonatamente dice di amare un altro, o altra, per quello che è.


Quello che poi, me l'ha fatta amare definitivamente, è stato un fatto abbastanza privato, ma che voglio condividere con voi. Quando il mio fidanzato  ed io ci stavamo ancora conoscendo, ho scoperto che entrambi adoravamo ( e adoriamo) questa canzone. Non è da tutti. molte persone che conosco, non saprebbero canticchiarmela.
Così ho immaginato che prima di conoscere il mio ragazzo, molti anni prima, c'era questa ragazza veneta, con i capelli corti. Poi è cresciuta, ed ha smesso di pensare che i suoi capelli stessero male (forse perchè nel frattempo, sono cresciuti anche loro), ha iniziato ad ascoltare le band live. Ha viaggiato e conosciuto amici ed amiche. Ha preso la sua strada: non è andata all'università ma ha trovato lavoro.
In Lombardia intanto, un  liceale, con i capelli lunghi, cresceva e andava all'università. Era un bravo ragazzo: viaggiava anche lui, si laureava e , faceva le sue esperienze. . Ed un giorno è arrivato  a Vicenza, per lavoro, ed ha incontrato quella ragazza. Entrambi conoscevano e amavano "Rebel rebel".

Un fortuna insomma, che quella canzone ce l'avessimo già in comune. Ora capite perchè, mi spiace che David Bowie sia morto? Capite perchè non mi lascia indifferente? E lo comprenderanno quelli che "tanto a me non frega niente"? E coloro che "è morto uno che neanche conosci?"
Non lo so... "How could they know?"

venerdì 8 gennaio 2016

Dopo le molestie a Colonia


Il fatto è ormai noto a livello internazionale: la notte di San Silvestro, a Colonia, circa novanta donne sono state aggredite e/o derubate ed importunate nella zona che va dalla stazione centrale al Duomo gotico.


Così anche la tanto osannata Germania, presa da modello come esempio di stabilità politica, finanziaria e sociale da parte degli altri stati dell'UE, può subire una notte di violenza, come quella trascorsa da molte donne, il 31 dicembre. Perchè è di violenza che stiamo parlando. Lo è sempre, quando una persona di sesso femminile viene anche solo importunata verbalmente. Pare che in questo caso  comunque si sia  andato ben oltre a qualche commento allusivo, poco gradito. Oltre infatti ad odiosi palpeggiamenti, ci sono state sicuramente delle rapine e almeno uno stupro. Si tratta di attacchi premeditati, e sembra che  tra i colpevoli ci siano anche rifugiati siriani e immigrati mussulmani e già si parla, giustamente, di espulsioni più rapide per chi si comporta in tal modo.

Il rapporto della polizia, parla di "frustrazione" nello scontro  con una massa consistente di individui. Su questo posso essere d'accordo: spesso le forze dell'ordine non hanno i mezzi e i numeri per contrastare tali esplosioni di violenza. Evidentemente anche in Germania. Però ci sono anche polemiche sulla mancata prontezza dell'intervento: le prime segnalazioni da alcune vittime, sono arrivate ben prima della mezzanotte.

Questi sono i fatti, ora però parliamo delle conseguenze.

Il sindaco di Colonia Henriette Reker. Credits:www.focus.de

Questa signora sorridente che vedete nella foto, è il sindaco di Colonia, Henriette Reker. Da sempre attivista per l'integrazione razziale, ha subito per questo anche un accoltellamento da parte di un estremista di destra. Oggi però, dopo il polverone che si è alzato sui social, ha dovuto anch'essa ammettere che l'integrazione nella società tedesca da parte dei rifugiati politici e degli immigrati, è ancora in fase di evoluzione. Ma non è di questo che voglio parlarvi oggi.

A quale polverone mdiatico mi stavo infatti riferendo? Come dicevo, su facebook e twitter, hanno fatto molta eco, le parole che il sindaco ha pronunciato durante una conferenza stampa. Si parlava infatti di un codice comportamentale suggerito alle coloniesi, con regole abbastanza ridicole secondo me. Va detto che in data odierna la signora Reker, ha in parte "ritrattato" dicendo che già esistevano tali raccomandazioni, da parte dell'amministrazione comunale.
Insomma, dalla padella alla brace, a mio avviso.

Vediamo ora nello specifico cosa dovrebbero fare/non fare le cittadine di Colonia, per scongiurare palpeggiamenti, rapine e stupri.


  1. Non girare per strada da sole ma in gruppo: mia mamma ha anticipato l'amministrazione comunale di Colonia di almeno vent'anni. E' da quando sono ragazza che non giro di notte per conto mio: forse è perchè abito in Italia? In Germania o altri stati europei le donne sono più libere, in quanto la sicurezza è maggiore? Forse (quando fatti come questo non le smentiscono tristemente), tuttavia a mio avviso questa semplice accortezza è purtroppo da sempre insita nel comportamento femminile. Noi donne non possiamo prendere a pugni un uomo: nella maggior parte dei casi, veniamo sopraffatte. Almeno se siamo con un'amica la sicurezza è che quest'ultima potrebbe chiedere aiuto. Sarebbe molto bello se anche nel nostro paese si potesse camminare per strada senza paura, di notte, ma non è così. Tornando al codice comportamentale coloniese, quello che sconcerta in primo luogo, è l'ovvietà del consiglio. In secondo, se tanto ovvio non è, l'amministrazione comunale ha fallito, visto che la città è insicura.
  2. Chiedere aiuto ai passanti in caso di difficoltà: anche i questo caso un consiglio piuttosto inflazionato, non trovate? A chi dovrebbe rivolgersi durante l'aggressione, una vittima, prima ancora che alla polizia? A chi passa lì vicino...dovevano dircelo loro, no?
  3. Chiedere aiuto alla polizia: certo, se magari fanno anche in fretta è meglio.
  4. Tenere a distanza di sicurezza persone dall'aspetto straniero: quale aspetto? Asiatico? Africano? Mediterraneo? E se un turista maschio è per caso nello stesso marciapiede ci si deve per forza mettere a correre e urlare? Nel mentre di un'aggressione, se passasse di lì una donna con il hiyab, potremmo chiederle aiuto, oppure dovremmo attendere una rassicurante concittadina (certa)?
  5. Non assumere in gruppo atteggiamenti che possono essere fraintesi da persone di altre culture: questa regola è la più risibile secondo me. Tipo..non dovrei girare con la minigonna, perchè offenderei una cultura che non è la mia? E se ho un tatuaggio sulla mano, devo per forza coprirmi con un guanto, nel qual caso un giapponese mi scambiasse per un membro della Yakuza? Secondo me, in casa propria, una cittadina di Colonia, dovrebbe poter assumere gli atteggiamenti che più la aggradano, a meno che non denigri con scherno la religione o l'ideologia altrui.  Non penso tuttavia,  che nessuna delle vittime avesse una maglietta con scritte o vignette che offendesse i mussulmani (in questo caso). Se invece la norma si riferisce al modo di vestirsi, ridere, pettinarsi e truccarsi, speravo che queste cose fossero state superate già con la liberazione sessuale.

Non so a cosa porterà tutto questo. Forse ad un maggiore controllo per le strade delle città tedesche (come Amburgo, dove si sono registrati casi simili). Forse un' inasprimento delle politiche di accoglienza, da parte del Bundestag (con conseguenti problemi per gli altri stati dell'UE, lasciati ancora una volta soli a fronteggiare l'emergenza immigrazione). 
La cosa che più mi fa arrabbiare, è che ancora una volta, non si da la colpa solo a chi ha usato violenza, ma si consiglia alle donne di "comportarsi bene". Sarebbe ora di finirla con questi inutili consigli, non credete?